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L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck

L'orfanotrofio progettato da Aldo Van Eyck alla fine degli anni '50 è situato nella immediata periferia di Amsterdam che ormai è stata assorbita dall'espansione a sud della città. E' un luogo dinamico: il grande stadio Olimpico è a due passi, l'aeroporto con il suo intenso traffico è vicino, la grande strada di accesso dal sud alla città costeggia il lato est del lotto, ciclisti e pedoni vanno e tornano dalla grande foresta o dal palazzo del ghiaccio, entrambi nelle vicinanze.
All'immagine unitaria e colossale dello stadio si contrappone l'immagine frastagliata di una marea di piccole cupole apparentemente sparse nel modo più disordinato nel verde circostante; questa è la casa di circa 125 bambini e ragazzi che tra l'età di alcuni mesi e i vent'anni passeranno qui parte della loro gioventù.

Il concetto che Aldo van Eyck introduce e sperimenta nel comporre questo edificio è quello della "reciprocità". Secondo lui rimangono valide le diverse interpretazioni dello spazio e i diversi modi di costruire che, attraverso i secoli, si sono sviluppati per rispecchiare le diverse strutture di stato d'animo legate a determinati luoghi e periodi. Ovvero non vede queste diverse interpretazioni dello spazio e diversi modi di costruire come dei momenti incompatibili, privi di una qualsiasi reciprocità. Lo stato d'animo possiede tutti i significati, e al limite un significato si distingue all'interno di questo insieme di significati, ma non è mai "un altro significato".
C'è una validità continua e contemporanea degli aspetti parziali della realtà come il "singolare, "l'eccezionale", il "costante" e il "plurale", il "comune", il "variabile".
Il pensiero lineare e deterministico ha trasformato i "duofenomeni" in un sistema conflittuale di "polarità" e di false alternative. Un sistema in cui non c'è più posto per lo stato d'animo. La scissione dei "duofenomeni" risulta in una loro perdita di identità e causa assolutismo, frustrazione, alienazione e isolamento.
Nella scienza fu l'introduzione del concetto della "relatività" a rendere possibile ad una dimensione superiore di relazionare di nuovo molte polarità: spazio e tempo, energia e materia, riposo e movimento, ecc. Anche l'architettura può e deve contribuire al ritrovamento e alla rivalutazione dei "duofenomeni".
Aldo van Eyck estende questo concetto alla sua visione della città, osservando che la scissione tra architettura e urbanistica ha incoraggiato il pensiero lineare e deterministico, traducendolo nella realizzazione della città. Una città dove tutto è troppo vicino o troppo lontano, troppo grande o troppo piccolo, troppo caotico o troppo monotono, ecc.

Il tentativo di Aldo van Eyck in questo progetto è quello di costruire una casa come una piccola città mediante la scoperta e la messa in evidenza di questi "duofenomeni". La pianta tenta di riconciliare le qualità di una pianta centrale con quelle di una pianta policentrica. Un gran numero di elementi diversi formano dapprima un motivo esteso e complesso. Questa disposizione garantisce inoltre un soleggiamento delle diverse sezioni durante tutto l'arco del giorno, e crea all'esterno degli spazi racchiusi e al riparo dal vento. Questa configurazione complessa viene resa intellegibile ed omogenea dall'uso di un unico ordine strutturale e principio di costruzione: la colonna, l'architrave, la cupola. L'architrave contiene una lunga apertura orizzontale, cosicché le sue estremità richiamano, nell'appoggiarsi sulle colonne, la forma del capitello. Il susseguirsi di queste architravi costituisce un orizzonte che dà all'edificio la sua libertà nello stesso modo in cui l'orizzonte naturale conferisce, mediante la sua forza
ordinatrice, al paesaggio, la sua libertà. La moltitudine delle sorprese spaziali nasce dalle variazioni inserite entro uno stesso ordine costruttivo, mentre la unità spaziale a sua volta viene sottolineata da queste variazioni su uno stesso tema. L'elemento architettonico intorno a cui si gioca la composizione è la strada interna che traccia diagonalmente un asse centrale a cui si aggregano i diversi spazi interni ed esterni. Mentre tutti gli spazi indipendentemente dalla loro funzione e dimensione, s'inseriscono entro le
possibilità limitate offerte da un unico ordine costruttivo, ogni spazio assume il suo significato specifico attraverso la sua disposizione, la sua localizzazione, la sua funzione, la sua rifinitura e la sua relazione reciproca con gli altri spazi.
La strada interna è stata rifinita con gli stessi materiali usati fuori per creare un ambiente che potesse stimolare il comportamento spontaneo che si usa avere all'esterno.
Dalla strada si accede anche ai "patios", che non sono altro che stanze, ciascuna diversa dall'altra, all'esterno. Le otto sezioni, individuate dalle otto cupole più grandi, formano dei nuclei distinti per fasce di età e raggruppano stanze e spazi di servizio. Qui le rifiniture sono conformi agli interni della casa tradizionale; le pareti per esempio sono intonacate in bianco. Tutta questa piccola città per orfani è ancorata alla realtà esterna, la strada, mediante una piazza che è lo spazio di transizione tra i due mondi.
Una partitura molto attenta è stata studiata per l'arrivo e la partenza da questo complesso. Perchè il tornare a casa e l'andare via da casa è, per queste piccole persone, una cosa non semplice.

Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck Willem Brouwer - L'orfanotrofio di Aldo Van Eyck

Willem Brouwer

Foto di Willem Brouwer Architetto willembrouwer2015@gmail.com Willem Brouwer Home Page: